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L'autore offre con questo lavoro una lettura critico-divulgativa del manoscritto mannariniano, finora ingiustamente misconosciuto, che si configura come un saggio teologico-politico su un'utopia determinata nello spazio e nel tempo. La modernità del suo contenuto, denso di riferimenti alla cultura agronomica praticata a Mesagne, ai caratteri geomorfologici e al paesaggio della Penisola salentina nonché alla filosofia antica, all'astrologia, all'alchimia, alla magia e alle tradizioni esoteriche, lo accosta ai classici dell'utopismo rinascimentale, dai quali tuttavia si differenzia in quanto tratta dell'utopia non come futuribile, come progetto a venire, bensì come una situazione storicamente realizzata e individuata nella Messapia di cinque secoli fa.